domenica 11 marzo 2012

Si può contemplare seriamente la possibilità di trasferirsi altrove soltanto per la poesia di una fermata della metro, per l’odore di burro e di dolci appena sformati che ti sorprende mentre passeggi per strada, per una panchina dal legno leggermente rovinato che sembra attendere soltanto te e la lettura di un libro le cui pagine non hanno nulla da invidiare alla realtà?







Chiudo gli occhi e mi immagino differente.

Imparo il significato di serenità. Imparo il francese, imparo a rapportarmi agli altri senza avvertire il consueto senso di inferiorità che limita l’autenticità di ogni mio gesto, imparo ad essere ascoltata, imparo ad amare, imparo ad essere felice. 
Chiudo gli occhi e mi assumo il coraggio di volermi bene, di credere in quello che sono anche se nessun altro crede in me, di andare avanti anche senza sentirmi al sicuro.
Chiudo gli occhi, faccio una valigia mentale, compro un biglietto sola andata e mi trasferisco in quella città che sa essere incantevolmente malinconica sotto la pioggia come meravigliosa quando si tinge di rosa, di rosso e di Primavera, quella città che ti fa sentire costantemente come la protagonista di un film d’altri tempi o sullo sfondo di un bellissimo quadro impressionista.

Sono quella che non ha paura di rispondere alla domanda “che fai nella vita?”.

Sono la persona che ho sempre sognato di essere.

Poi riapro gli occhi.

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