La giornata di oggi appare simile a qualsiasi altra, eppure
ho preso una decisione che modificherà tutto e, ad esattamente un anno di
distanza, mi riporterà al temibile punto di partenza. Non so che significato
abbia, non so se è frutto di un’analisi matura o di più vile insofferenza.
So che mi mancheranno i viaggi in metro perché erano tempo
che ricavavo per me stessa, in cui rielaboravo i pensieri e la giornata appena trascorsa, coadiuvata dagli sguardi stanchi degli altri passeggeri, dalle pagine lette,
dalla musica che fa un po’ bene e un po’ male. Mi mancherà la mia stanza che mi
somiglia e che fino all’ultimo è rimasta incompleta (ma forse è proprio nell’incompletezza
che mi ritrovo di più. Forse sarò davvero a casa
soltanto quando tutte le immagini saranno accuratamente appese alle pareti, le
foto incorniciate, i libri troveranno il loro posto). Mi mancherà il senso di
appartenenza a qualcosa che aleggiava nell’entusiasmo dei primi tempi e proverò
una fitta di mancanza al pensiero di ciò che sarebbe potuto essere e non è
stato, un po’ per colpa mia, un po’ perché così doveva andare, semplicemente.
Cerco la Primavera nell’aria e per adesso è nei dettagli
piccoli e grandi: nelle margheritine che si offrono coraggiose all’aria fredda
aprendo fiduciosamente i loro petali, nei campi di fiori gialli sovrastati da nuvole
grigie e nere che promettono ancora pioggia incessante, nel succo di albicocca
sorseggiato nel pomeriggio al posto del tè caldo, nelle merende a base di
fragole con zucchero e limone e finestre che danno su tetti e cieli un po’
azzurri e un po’ bianchi di nuvole. Tornerò alla mia finestra, ai miei tetti,
al mio cielo e magari tutto questo per un po’ basterà.
Un anno fa compariva il primo papavero, oggi c’è ancora da attendere.
Forse ho ancora le forze di aspettare qualche giorno, qualche mese, qualche
anno.
Forse solo cinque minuti.
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